lunedì 2 marzo 2020

Nel Giardino di Ecate: il Croco



Specie più note:Crocus sativus, crocus vernus, crocus albiflorus, crocus balcanicus, crocus etruscus, crocus flavus, crocus graveolens…etc

Altri nomi:Croco di giardino, croco invernale, zafferano.

Famiglia: Iridaceae.

E’ noto nei prati primaverili per i suoi colori meravigliosi. Vi sono più di 70 specie, ma di certo la più nota ed interessante è quella del crocus sativus, ossia lo zafferano.
La pianta è una iridacea; a pianta adulta è costituita da un bulbo-tubero di un diametro di circa 5 cm. Il bulbo contiente circa 20 gemme indifferenziate dalle quali si originano tutti gli organi della pianta, in genere però sono solo 3 le gemme principali che daranno origine ai fiori e alle foglie, mentre le altre, più piccole, produrrano solo bulbi secondari. Durante lo sviluppo vegetativo dalle gemme principale del bulbo si sviluppano i getti, uno per ogni gemma principale; per cui da ogni bulbo ne spunteranno circa 2 o 3. I getti spuntano dal terreno avvolti da una bianca e dura cuticola protettiva, che permette alla pianta di perforare la crosta del terreno.Il getto contiene le foglie ed i fiori quasi completamente sviluppati, una volta che è fuoriuscito dal terreno si apre e consente alle foglie di allungarsi e al fiore di aprirsi completamente.Il fiore dello zafferano è un perigonio formato da 6 petali di colore violetto intenso. La parte maschile è costituita da 3 antere gialle su cui è appoggiato il polline. La parte femminile è formata dall'ovario, stilo e stimmi. Dall' ovario, collocato alla base del bulbo, si origina un lungo stilo di colore giallo che dopo aver percorso tutto il getto raggiunge la base del fiore, qui si divide in 3 lunghi stimmi di colore rosso intenso. Le foglie del Crocus sativus sono molto strette e allungate. In genere raggiungono la lunghezza di 30/35 cm, mentre non superano mai la larghezza di 5 mm.Il Crocus sativus è una pianta sterile triploide, è il risultato di una intensiva selezione artificiale di una specie originaria dell'isola di Creta, il Crocus cartwrightianus. Una selezione messa in atto dai coltivatori che cercavano di migliorare la produzione degli stimmi. La sua struttura genetica lo rende incapace di generare semi fertili, per questo motivo la sua riproduzione è possibile solo per clonazione del bulbo madre e la sua diffusione è strettamente legata all'assistenza umana.


Utilizzi:

Un tempo allo zafferano, di cui si utilizzano gli stimmi, venivano attribuite proprietà antispastiche e sedative. Oggigiorno, tuttavia, sono state trovati composti abortivi e l'uso di 20 g. al dì di zafferano può anche risultare mortale per cui tutte le precedenti indicazioni terapeutiche sono decadute.
L'uso dello zafferano può provocare anche effetti collaterali quali: vertigini, torpore e manifestazioni emorragiche da riduzione del numero delle piastrine (trombocitopenia) e da ipoprotrombinemia (diminuzione della protrombina).Lo zafferano, attualmente, viene utilizzato solamente dall'industria alimentare ed in gastronomia come spezia o come colorante.

Lo zafferano nel Medio Oriente

Tracce di zafferano sono state trovate nei graffiti preistoici, risalenti a 50.000 anni fa, raffiguranti animali, in una caverna in Iraq.
I Sumeri, anche non coltivandolo direttamente, utilizzavano lo zafferano come ingrediente delle loro medicine e pozioni magiche. Si procuravano lo zafferano cercando fiori selvatici, credendo che fosse l'intervento divino a garantire le propretà medicinali del fiore.
Lo zafferano è stato definito come spezia dall'odore gradevole tre millenni fa in uno scritto ebraico:


"Le vostre labbra grondavano dolcezza come un nido d'ape, mia sposa,
sciroppo e latte sotto la vostra lingua, e il vostro
vestito aveva il profumo del Libano. Le vostre guance un
frutteto di melograni, un frutteto pieno di rara
frutta, zafferano, dolce canna e
cannella.”

Canzone di Salomone


Nell'antica Persia lo zafferano fu coltivato a Derbena e Isfahan nel X secolo a.C. Tracce di zafferano sono state trovate negli intrecci degli antichi tappeti Persiani. Gli antichi Persiani lo utilizzavano nei riti di culto alle lori divinità, come tintura brillante, profumo e medicina. Gli stimmi di zafferano venivano sciolti nel thè caldo come rimedio contro la malinconia e si sospettava contenesse anche agenti droganti e afrodisiaci. Inoltre veniva utilizzato insieme ad acqua e legno di sandalo per rinfrescarsi dopo una calda e faticosa giornata.
Lo zafferano persiano è stato largamente utilizzato da Alessandro Magno e dal suo esercito durante la campagna d'Asia: lo scioglievano nel thè e cenavano con riso allo zafferano. Alessandro lo utilizzava personalmente nei suoi caldi bagni credendo che potesse guarire le ferite, raccomandando lo stesso trattamento anche ai suoi sottoposti. I soldati greci continuarono ad utilizzare lo zafferano per le sue proprietà curative anche dopo il loro ritorno in Macedonia.
Le coltivazioni raggiunsero le zone dell'odierna Turchia, concentrandosi soprattutto al nord della città di Safranbolu; questa zona è ancora conosciuta per il festival annuale della raccolta.

Lo zafferano in India e Cina

Esistono più interpretazioni sull'arrivo dello zafferano nel sud est dell'Asia.
La prima di queste si basa sui ritrovamenti di scritti persiani. Questi suggeriscono a molti esperti che lo zafferano, insieme ad altre spezie, è stato portato in India dai persiani per valorizzare i nuovi parchi e giardini.

Una variante di questa teoria dice che i persiani hanno trapiantato lo zafferano in Kashmir dopo averlo conquistato. La prima raccolta avvenne nel 500 a.C.. Nel XI secolo a.C. i Fenici introdussero lo zafferano nel mercato del Kashmir utilizzando i loro canali commerciali. Nel Kashmir lo zafferano è stato utilizzato come cura della malinconia e per tingere i tessuti.

Le leggende tradizionali del Kashmir raccontano che lo zafferano entrò per la prima volta nella regione tra XI e il XII secolo d.C. portato da due stranieri. Entrambi si ammalarono ed implorarono una cura a Khwaja Masood Wali e Hazrat Sheikh Shariffudin, due santoni di una tribù locale. Quando i due uomini guarirono ringraziarono i loro salvatori con dei bulbi di zafferano. Ancora oggi questo episodio viene ricordato durante la festa della raccolta dello zafferano con preghiere di ringraziamento. I due santoni hanno realmente una tomba con una cupola dorata a Pampore, il villaggio del commercio dello zafferano.
Mohammed Yusuf Teng, poeta del Kashmir, non è d'accordo con questa versione, sostiene che gli abitanti della sua regione abbiano coltivato lo zafferano da più di due millenni. Effettivamente, l'epica Hindu Tantric Kashmiri fa riferimento alla coltivazione dello zafferano.

Gli antichi Buddisti cinesi della scuola Mula-sarvastivadin sostengono una teoria diversa sull'arrivo dello zafferano in India. Secondo la leggenda il missionario buddista Madhyântika (o Majjhantika) fu inviato in Kashmir nel V secolo a.C.. Quando arrivò in Kashmir seminò per la prima volta nella regione lo zafferano. Da quel momento si diffuse in tutto il sub-continente indiano. Venne utilizzato sia in cucina e sia per la tintura dei tessuti. Il colore dei tessuti ottenuto utilizzando lo zafferano piacque talmente tanto che dopo la morte del Buddha Siddhartha il Guatama i suoi seguaci lo decretarono il colore ufficiale per gli abiti ed i manti buddisti.
Alcuni storici sostengono che lo zafferano entro' in Cina portato dagli invasori mongoli che attraversarono la Persia.
Lo zafferano e' citato negli antichi testi medici cinesi come il Bencao Gangmu ("Grande Erba", pp.1552-78), un tomo datato 1600 a.C. ed attribuito all'imperatore Shen-Ung, che documenta migliaia di cure e trattamenti.

Nel III secolo d.C. i cinesi attribuivano ancora la provenienza dello zafferano al Kashmir. Ad esempio l'esperto medico Wan Zhen scrive: "Gli abitanti del Kashmir coltivavano lo zafferano per offrirlo al Buddha". Relativamente all'uso Wan Zhen aggiunge: " Il fiore dopo alcuni giorni dalla raccolta appassisce. Cosi' viene ottenuto lo zafferano. Fornisce un bellissimo colore giallo e puo' essere utilizzato per aromatizzare il vino".
Oggi lo zafferano e' coltivato in Afghanistan. L'Europa sta cercando si proporre la coltura dello zafferano come alternativa alla coltivazione dell'oppio.

La sacralità ed il mito del croco nelle culture precereali

Designato in lingua greca con vocabolo anellenico, il krokos è una pianta a tubero con radice grossa e carnosa oggetto di un’antica e ben nota coltivazione come abbiamo già detto. Teofrasto ne aveva distinti diversi tipi, confondendo anche il crocus con il “carthamus tinctorius” conosciuto come cartamo o zafferanone, che compare anche nelle tavolette micenee, dal quale si estrae una tintura gialla, crocea.
Proprio per il colore,il croco, di certo il crocus sativus ossia zafferano, nei culti e nelle ritualità sembra associato ad Artemis nell’oscuro rituale peloponnesiaco dedicato all’Artemis Knakeatis, quasi la divinità dello zafferano, il cui tempio si trova nei pressi di Tegea.

Pausania nel descrivere la Grecia parlò anche del Santuario di Artemis: “Sul lato sinistra della strada che porta da Tegea a Laconia c’è … il Santuario di Artemis, sopranominata Limnatis (La Signora del Lago). Una decina di metri più in là ci sono le rovine del Tempio di Artemis Knakeatis.”
Dunque Pausania al tempo vide il Tempio di Artemis Knakeatis già in rovina.

Negli epiteti di Artemis Knakeatis, Artemis Knakalesia nei culti arcadi il richiamo esplicito alla voce designante la pianta dello zafferano è evidente.
Ma il fiore a cui si fa riferimento nel mito e nel culto doveva di certo essere il crocus sativus o il crocus flavus, non di certo il carthamus tinctoris di cui parla Teofrasto. La bella fioritura di queste varietà di crochi era ben presente nella Penisola Balcanica e nell’Asia Minore dalla fine dell’inverno e fino all’inizio della primavera.

E’ questo il fiore che orna l’altare di Apollo Karneios, nei riti di Cirene, zona particolarmente importante in rapporto allo sviluppo di una primitiva cultura proto agraria, beneficata da un mite clima che permetteva la precoce fioritura del croco nella stagione invernale.
Qui Apollo con il suo culto, legato ad un altare sempre adorno di fiori durante il corso dell’anno, di crochi durante l’inverno, appare onorato con i riti previsti per le feste rituali del raccolto, le Karneia, che a Cirene come a Sparta e nei vari luoghi di culto della Grecia dove sono celebrate, rivelano sempre un preciso carattere primitivo.
Il carattere iniziatico delle feste di Karneia che è una festa del raccolto che si celebrava alla fine dell’estate, sembra attestato dalla presenza e partecipazione agli agoni rituali di giovani non sposati, i karneatai, in attesa dell’età matrimoniale che gli avrebbe ufficialmente inseriti nella società. Come è noto nelle società primitive, non si era uomini degni di partecipare alle attività sociali se non si era sposati, ed era a questo scopo che venivano compiuti i rituali iniziatici dei giovani.
Tutto richiama al rituale delle Hyakinthia legato al culto di Giacinto, oppure sempre sullo sfondo agrario, la corsa dei giovani portatori di tralci d’uva chiamati staphulodromoi che riconnette le Kyakinthia ai riti per la vendemmia durante le Karneia.

Il croco è il sacro fiore d’oro del prato di primavera, irresistibile oggetto per quell’essere designato ad avere una vita straordinaria, un eroe.
Il croco è collegato al mondo delle Grandi Madri, è simbolo nuziale e funerario nello stesso tempo e, quindi, è chiaro che sia presente durante il rapimento (morte) di Persefone. A Eleusi operavano i sacerdoti "krokònidai" che avvolgevano i misti nelle bende e dovevano preparare una tintura, la crocina (fortemente colorante), dagli stami e dagli stilli della pianta.
Krokonidai come discendenti di un antico heros del croco oltre ai particolari uffici liturgici nell’ambito del culto eleusino, potrebbero essere stati incaricati della preparazione dei prodotti ottenuti dalla manipolazione del croco e ben noti nella tradizione più tarda, come appunto la crocina.

Il valore sacrale riconosciuto al giallo colore del croco da numerose testimonianze fa pensare che la stessa preparazione della sostanza fosse avvolta nell’aura misteriosa e affascinante di qualche rituale.
Nel mondo omerico a vestire un peplo color del croco è Eos. Dello stesso colore è anche il peplo rituale di Pallas Athena. Vestite o travestite con vesti tinte di giallo croco sono anche le famose orsette, le sacerdotesse bambine dei riti iniziatici del celebre santuario di Brauron dell’Artemide Brauronia.
Tutti questi esempi ci fanno osservare quanto il colore giallo, quindi il croco, fosse legate alla sfera femminile. Tale associazione croco-donna ha certo un significato ben preciso che si può certamente riassumere nel valore fecondo e fecondante riconosciuto al fiore di croco e per questa ragione spesso inserito nei rituali riguardanti la sfera femminile.

Il mito racconta che la pianta era nata dal sangue del giovane Kròkos, colpito a morte da un disco accidentalmente lanciato da Hermes quindi una primitiva uccisione seguita dalla metamorfosi vegetale. Le peripezie di Croco rimandano ad un rito vegetale rinnovatore, rigeneratore e di catarsi.
Euridice, Creusa ed Europa, quando furono rapite, stavano cogliendo i fiori di croco. Europa giocava con le compagne sulla spiaggia di Sidone, quando Zeus tramutato in toro, di meraviglioso colore, e dal profumo di zafferano, le si avvicinò mansueto e si accucciò accanto a lei. L'identità del rapitore durante queste esperienze estatiche era celata.
Nella poesia omerica il croco spunta nel mistico prato sulla vetta dell’Ida ove avviene la celebre ierogamia di Zeus e di Hera.
La ierogamia, questo antico rituale, questo matrimonio sacro, era celebrato sempre a primavera quando il croco compare sui prati e nel quale i partecipanti ritenevano di poter ottenere una profonda esperienza religiosa tramite i rapporti sessuali. I partecipanti assumevano le caratteristiche delle divinità stesse, spesso fungendo da tramite per la divinità in questione. Con la loro unione garantivano fertilità a loro stessi, alla terra ed al popolo.

Molteplici tradizioni ne fanno una pianta di origine panellenica. Le fonti antiche, Plinio e Dioscoride, concordano nel collocare le zone per la coltivazione del croco in territori mediterranei al di fuori della Grecia: in Asia Minore, sul monte Corico della Cilicia o sull’Olimpo della Licia, a Cirene in Africa.
In un'altra versione Krokos, l’eroe del croco, è associato a Smilax: il giovane e bello Krokos parte alla ricerca della ninfa Smilax nelle foreste vicino ad Atene. In un primo periodo di amore idilliaco Smilax è lusingata dalle attenzioni di Krokos, ma presto inizia ad annoiarsi. Krokos continuava a darle attenzioni, fino a perseguitarla, così gli dei nel vedere questo amore tramutare in infelicità, trasformano Krokos in un fiore di zafferano, con tre bellissimi stimmi rossi, simbolo della passione di Krokos per Smilax.
Altre ancora parlano della funebre Smilax tramutata nel frutto omonimo, smilax aspera, volgarmente conosciuta come salsapariglia, per amore del giovane Krokos.
A ricordo di questa infausta passione di Krokos e Smilax, nella tarda tradizione il croco diventa il fiore del desiderio d’amore, posto per tale ragione sulla tomba dei morti per amore, tradizione che s perpetuerà fino ai tempi di Roma. Da questi esempi si ricava una prima connotazione fecondante e rigenerante del croco, che bene potrebbe essere collegata all’energia fondativa della letteratura.
L’esempio per eccellenza potrebbe essere l’apparizione di Iside, sul finale delle Metamorfosi di Apuleio (Ap, Met, XI):
Akrotiri, Thera (Santorini). Raccoglitrice di croco
«sulla superficie del mare apparve una divina immagine, un volto degno d'esser venerato dagli stessi dei […] Indossava una tunica di bisso leggero, dal colore cangiante, che andava dal bianco splendente al giallo del fiore di croco».


In rapporto forse ad una fase della manipolazione del bulbo del croco, Teofrasto e Plinio annotano che il croco ama essere calpestato, anzì, diventa più bello se la radice viene pestata a terra. Questo bulbo singolare che morendo si rinnova, conserva l’evidente ricordo dell’efficacia di un primitivo martirio vegetale inteso come rito rinnovatore e rigeneratore di energia.
Tuttavia il culto greco non ha traccia di un rituale dedicato all’eroe del croco e neppure si hanno notizie di un culto tombale a meno di porre in rapporto il croco con l’eroe eponimo dei Krokonidai, la cui tomba doveva trovarsi nella piana di Eleusi, zona importante per i culti agrari pre e postdemetriaci.
La sacralità nel mondo minoico è confermata dalla presenza di un fiore sulla cintura e sulla gonna di una statuetta raffigurante una sacerdotessa o un’offerente per un rituale nel quale il fiore doveva avere un preciso valore.
Il croco fonde i culti prima di Demetra e dopo Demetra e ad attestare questo ci sono i narcisi ed i crochi presenti nella corona che orna il capo delle due grandi dee agrarie Demetra e Kore a Coro.
Dalla stessa tradizione proviene la credenza che fa del croco un fiore infero, fiorito infatti insieme al asfodelo nel giardino sotterraneo di Ecate, quel magico erbario dal quale Circe, sua Sacerdotessa e Guardiana del Giardino, coglie le piante magiche. Ed ecco un elemento in più che porta il croco ad essere nominato tra le piante magiche.
Come riconoscimento della proprietà feconda del croco, una pozione a base dei suoi fiori è indicata da Plinio utile per procreare. Ma allo stesso tempo, oltre a portare la fecondità, oltre ad essere afrodisiaco, rivitalizzante ed energetico, poteva essere anche mortale. Si riteneva che una certa quantità di croco di Tessaglia sciolto nell’acqua potesse essere un veleno mortale.

Questa oscillazione sulla sua doppia natura, tra creatore e distruttore, tra energizzante e mortale fa riflettere molto sull’ambivalenza di questo spettacolare fiore che orna incredibilmente i prati primaverili e che è diventato oggetto privilegiato di simbolismo letterario.


O pallido croco,
nel vaso d'argilla,
ch'è bello, e non l'ami,
coi petali lilla
tu chiudi gli stami
di fuoco:
le miche di fuoco
coi lunghi tuoi petali
chiudi nel cuore
tu leso, o poeta
dei pascoli, fiore
di croco!
Voi l'acqua di polla
ravvivi, o viole,
non chi la sua zolla
rivuole!

-Giovanni Pascoli-

Fonti:
Elementi di Culture precereali nei miti e riti greci di Ileana Cirassi
Metamorfosi di ApuleioZafferano. Storia, miti e scienzaPietra Gianfilippo
I Miti Greci di Robert Graves
http://www.zafferanodellaquila.it/pagine/index.asp
http://it.wikipedia.org/wiki/Crocus_sativus

Articolo scritto da Rebecka. Vietata la riproduzione anche parziale del testo senza il permesso dell'autrice o senza citarne la fonte.

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